Ora vi racconto una cosa sulle fave.
La buccia molto ricca in ferro in realtà veniva prima scartata dai signori mentre per i poveri era un piatto nutriente.
L'accordo tra feudatari e servitori era che questi ultimi potessero tenere per se le buccie ed in cambio dovevano nettare la fava per i signori.
Per aprire il guscio si doveva dare un morso allo stesso e così la purea che vedete in foto era chiamata "fave nette " la zuppa delle buccie "fave muzzacate" .
Va detto che nel basso Salento prevale la ricetta del nostro Antonio Rubino (autore del piatto che vedete in foto n.d.r.) e il piatto delle "fave e cicore" può essere accompagnato da crostini di pane fritto e peperoni verdi piccantini fritti .
Salendo verso l'alto Salento, vicino Brindisi per intenderci, prevale una ricetta che aggiunge alle fave in cottura una patata lessa e a fine cottura alla purea una manciata di formaggio grattugiato ( d'altronde la zona dell'entroterra pugliese vedeva più allevatori e quindi maggiore disponibilità di latte che non potendo essere consumato tutto subito, ma dio liberi dal buttarlo via, subiva le trasformazioni necessarie alla conservazione in tutte le famiglie, mentre lungo la costa non tutti avevano bestiame e quindi prevalevano le verdure dell orto).
Nell'alto Salento spesso è servito con chicchi di uva bianca o tocchetti di melone, a seconda della stagione, in piena adozione dei costumi nordafricani che mischiano frutta e cibi caldi e che nella nostra tradizione culinaria ha seminato tanti indizi
Maria Josè